
Il viaggio? Comincia dietro casa
Responsabile verso la comunità locale, ma soprattutto nei confronti di se stesso: identikit del turista consapevole, verso “l’esotico che ci circonda”
Stavolta vi racconto cos’è il turismo responsabile con il sorriso fiero di chi vuole condividere.
Nonostante l’altisonanza del termine, è in realtà qualcosa di molto quotidiano. Da un lato si riferisce al viaggiatore attento, che da casa si sposta verso un’altra casa, sentendo ogni luogo come suo e cercando di lasciarvi un’impronta positiva. Dall’altro, è una pratica che riconosce il ruolo delle comunità locali ospitanti ed il loro diritto ad essere protagoniste nello sviluppo sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio.
Nasce negli anni ‘80 come una piccola rivoluzione partita dal basso e promossa da associazioni, ONG, fondazioni e cooperative e con l’obiettivo di conciliare il turismo con la sostenibilità ambientale, la valorizzazione culturale e la responsabilità sociale ed economica. Oggi è diventato uno stimolo per l’industria turistica e per i suoi consumatori – i viaggiatori – che chiedono qualcosa di nuovo al settore: vivere l’esperienza, condividere e realizzare l’incontro con i luoghi e le persone che visitano, con consapevolezza e autenticità.
Pensato per le mete del Terzo mondo, il turismo responsabile oggi è applicato alle destinazioni di prossimità e declinato anche ‘dietro casa’, alla scoperta dell’esotico che ci circonda. La comunità locale, non soltanto quella dei paesi lontani, assume un’importanza primaria nei paradigmi esperienziali: un’attenzione che fa rinascere i piccoli borghi, mentre prassi come le passeggiate lente fanno riscoprire e vestono di occhi nuovi città e tradizioni. Lo si può definire come un turismo consapevole e attento all’impronta che lascia, basato sulla qualità dell’esperienza dei viaggiatori, capaci a loro volta di riconoscere l’attenzione che le località hanno verso il loro ambiente e la loro comunità.
Chi lo pratica è un turista liberato. “Liberato dalle catene del viaggio consumistico e impersonale, alienato e sbadigliato. Esce a praticare il viaggio motivato, sognato, preparato, personalizzato, in relazione positiva e attiva nei confronti dei luoghi e delle persone che si incontrano. Un viaggio che è responsabile innanzitutto nei confronti di se stessi” (M. Davolio-A. Somoza, Il viaggio e l’incontro, 2016).
Annalisa Spalazzi. Da un piccolo paese dell’Appennino marchigiano al mare della Romagna, per arrivare alla cosmopolita Bruxelles. Una carriera sempre work in progress. Il turismo sostenibile per lo sviluppo locale come percorso e obiettivo. E in tasca, le passioni e le tradizioni, tra cui laDirce: un colpo di fulmine trasformato in un piccolo, ma grande progetto..

