
Dove la memoria è di casa: storie, luoghi, saperi secondo laDirce
Da qualche anno con particolare insistenza il richiamo al passato domina le nostre giornate: nella comunicazione pubblicitaria, sui social media, in tv, nella moda, in cucina. Ma siamo sicuri che i filtri rétro di Instagram e l’irresistibile richiamo della mascherata non producano in realtà l’effetto opposto a quello sperato, allontanandoci fatalmente dal significato più profondo della memoria, individuale e collettiva?
Da qualche anno con particolare insistenza il richiamo al passato domina le nostre giornate: nella comunicazione pubblicitaria, sui social media, in tv, nella moda, in cucina. Ben oltre i consolidati, ragionevoli “corsi e ricorsi” l’“effetto nostalgia” dilaga, e se non sorprende la tendenza a schivare un presente incerto e confuso rifugiandosi nel bozzolo di tempi migliori (migliori?), salta all’occhio la dimensione di un fenomeno che pervade ogni anfratto del quotidiano. Ma siamo sicuri che i filtri rétro di Instagram e l’irresistibile richiamo della mascherata non producano in realtà l’effetto opposto a quello sperato, allontanandoci fatalmente dal significato più profondo della memoria, individuale e collettiva?
“La tradizione è un’innovazione ben riuscita” direbbe il fido Oscar Wilde: non è il caso di scandalizzarsi perché ogni quartiere pretende ormai il proprio palio (in un lustro, forse meno, sarà “storia”), ma nelle sollecitazioni della galassia nostalgia occorre discernere i contorni del possibile dialogo con un’eredità da recuperare e tramandare, per ridurre il rischio che i suoi valori si dissolvano nello sciame mediatico.
In questo contesto, a oltre un decennio dalla sua prima apparizione pubblica, avvenuta l’11 novembre 2005 a Belvedere Fogliense, frazione di Tavullia tra Marche, Romagna e Montefeltro, laDirce ridefinisce i contorni di un progetto – anzi, di un “metodo” – nato proprio sul recupero e il riuso di storie e memorie di famiglia e di paese. Molto è cambiato da quell’indimenticabile giorno di San Martino di undici anni fa. Resta lo stesso, però, il senso concreto dei mille (di più) incontri in case, osterie, circoli; delle parole condivise intorno alla tavola, “in cucina o nel tinello marrón”, secondo una formula che ci è cara sin dagli esordi; dei saperi, infine, incarnati in voci e gesti dei quali onorare il lascito.
Sostenibile da prima che il green washing si mutasse in trend, genuina per nascita, curiosa di sapori per vocazione antropologica, dopo qualche cambio di guardaroba e un numero imprecisato di storie raccontate in mezza Italia, laDirce riparte da qui, dal cuore della propria identità, facendosi testimonial delle memorie che ogni casa – ogni luogo – custodisce. Memorie delle quali continuerà, nel suo piccolo, ad affermare attraverso questo foglio e altri strumenti la vitalità e la capacità di aggregazione: in una parola, l’utilità, analizzandone, con l’aiuto del Centro di Studi Avanzati sul Turismo dell’Università di Bologna, anche le potenzialità in chiave turistica e di sviluppo per il territorio.
Molti sono i compagni con i quali comincia questa avventura e altri se ne aggiungeranno nei prossimi mesi. A tutti loro va il nostro grazie, per la collaborazione ma soprattutto per l’affetto dimostrato nell’accogliere laDirce e le sue idee, talvolta decisamente bizzarre.
Buon viaggio, dunque, e a buon rivederci.
Cristina Ortolani
e laDirce

