
Montecchio (Vallefoglia). Dodici uova, e i fratelli Cardellini
Il 17 gennaio è dedicato a Sant’Antonio abate, patrono di eremiti e monaci ma soprattutto di allevatori e norcini. Ancora oggi in questo giorno si benedicono gli animali domestici e molte sono, in tutta Italia, le zone agricole dove la sera del 16 si accende un grande falò, anticipo dei fuochi purificatori di San Giuseppe che il 19 marzo segneranno la fine dell’inverno.
Nei miei giri per le campagne tra Pesaro e Urbino ho incontrato spesso Sant’Antonio abate, di solito attraverso un’immaginetta sacra consunta appesa alla meglio sul muro di una stalla o di un mulino. Uno di questi santini, forse il più suggestivo tra i tanti fotografati, l’ho trovato nella primavera del 2008 in una stalla pressoché in disuso a Montecchio di Sant’Angelo in Lizzola (oggi di Vallefoglia), nel podere dei fratelli Cardellini, protagonisti del secondo appuntamento con i “Testimoni” della memoria quotidiana.
Montecchio di Vallefoglia, aprile 2008

Un caffè davanti al camino spento, intorno al tavolo di una cucina con il lavandino di pietra e una stufa economica lì da almeno cinquant’anni. Sopra il frigorifero, incorniciato, uno tra i tanti diplomi di benemerenza, la medaglia della Camera di Commercio del 1968, insieme con due foto appiccicate al vetro con un nastro isolante blu: una a memoria di Giannino, il fratello morto giovane ritratto alla guida del suo trattore, nell’altra Luciano, il fratello maggiore – il capofamiglia – con il sindaco in maniche di camicia a bordo di una bicicletta. Due giornate assolate, a giudicare dalla luce.
Siamo nella primavera 2008, a una decina di chilometri da Pesaro, lungo le rive del Foglia, all’Arena di Montecchio (Sant’Angelo in Lizzola, oggi Vallefoglia). Il caffè coronava una conversazione scandita dalla visita guidata di tutti gli ambienti della fattoria, antica di oltre centocinquant’anni: la stalla, la conigliera, il fienile, la dispensa con i salami che pendevano dal soffitto. Fuori, sotto un cielo cupo più adatto a febbraio che a una mattina di aprile, accatastati in ogni angolo oggetti di tutte le epoche, da un mucchio spuntava anche una scatola di latta per munizioni, uno degli ultimi residuati bellici di cui la zona era piena.


Continua e c’è anche una bellissima fotogallery 🙂
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One Comment
laDirce
In Brianza la tradizione del falò di Sant’Antonio è ancora molto sentita. In proposito Chiara Rabbiosi ci segnala questo articolo, molto completo:
https://www.ilcittadinomb.it/stories/Homepage/343780_il_giorno_di_santantonio_abate_storia_e_le_tradizioni_della_brianza/