
Genius Loci? L’editoriale del Dircefoglio numero 7
Quasi mai si lascia definire ma non è difficile scoprirne le tracce, se solo gli si presta attenzione. Prima o poi doveva succedere: laDirce incontra il Genius loci
Sfuggente, poliedrico, lieve o inquietante, fresco di foglie e fiori o solido di strutture esistenziali (Norberg-Schulz): imprendibile nelle sue mille e mille identità il Genius loci attraversa la storia infischiandosene di chi – studioso di vaglia o scrittore della domenica – si sforza di imprigionarlo in un ritratto. E non sarà certo laDirce a chiudere la questione. Ma una signora che veste i colori delle stagioni e offre paesi in forma di torta prima o poi doveva fare i conti con questa entità dispettosa, non fosse altro perché spesso come Genius loci è stata apostrofata quale espressione di un territorio. E allora, nell’Anno europeo del Patrimonio culturale che è anche Anno del cibo italiano nel mondo, al Genius loci intitoliamo il Dircefoglio n. 7, presentato nell’ambito delle Invasioni Digitali, l’iniziativa che in tutta Italia «libera la cultura» attraverso il web e i social media.
La bacheca centrale accosta tentativi di definizione del Genius loci (manteniamo un profilo basso: il modello è l’anta del frigo con i magneti che fermano post-it e cartoline), raccolti intorno a una Carta gastronomica del Bel Paese, probabilmente anche nel senso di formaggio vista la citazione di numerose marche di prodotti alimentari, datata 1949. Opera dell’ucraino Vsevolod Petrovič Nikulin, rifugiatosi in Italia durante la Rivoluzione d’Ottobre e divenuto in seguito cittadino italiano, la mappa è il fil rouge di questo numero e i dettagli che occhieggiano dalle pagine fanno un po’ da indizi di una piccola caccia al tesoro.
Il Bel Paese della mappa è l’Italia della ricostruzione, raccontata da Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia, la stessa dei ricordi di Mario Filanti, operatore del cinemobile Istituto Luce-Presidenza del Consiglio tra il 1953 e il 1960, ed è un’occasione per riflettere sulla trappola del locale, astrazione che disgiunge il cibo (ma anche l’artigianato, per esempio), dal sistema di relazioni del quale è il prodotto.
Quasi settant’anni ci separano dalla carta di Niculin Cartographus (così si firma Nikulin) ma il suo tratto fiabesco, tocco slavo su sapori nostrani, prelude alla prospettiva di un’identità culturale europea che sigla queste pagine. Tra genî della casa, foreste millenarie e misteriosi abitanti del pc il Genius loci prende poi le sembianze di un gatto, custode di ogni borgo, distillandosi infine nel lampo verde di uno smeraldo, pietra magica per eccellenza scelta da Costanza, la nostra più giovane autrice (nove anni) a rappresentare – parole sue – qualcosa di antico e presente.
Nelle pietre, nei corsi d’acqua, nel suono delle campane si incarna il Genius loci, scrisse Vernon Lee nel 1907; nel profumo di certe erbe, nella fragranza di una piadina appena cotta, nell’aroma di limone e vaniglia del ciambellone, aggiunge laDirce. Di sicuro, seguendo ancora la Lee, come tutte le divinità degne di venerazione, il Genius loci ha la sostanza del nostro cuore e della nostra mente.
Cristina Ortolani
(e laDirce)

