
Montelevecchie, spigolature
1921: Belvedere Fogliense
1921, 16 settembre. Il Sindaco Giuseppe Sparacca al Ministro dell’Interno per il Governo del Re chiede a nome dell’ Amministrazione che il nome del paese di Montelevecchie venga cambiato in quello di Belvedere Fogliense. …La denominazione è brutta…, non collegata ad un ricordo storico locale… Il paese invece è situato a circa 20 km da Pesaro su di un colle che si eleva sulla vallata del fiume Foglia nel punto in cui si aprono la parte superiore ed inferiore della medesima e offre un panorama magnifico agli occhi dell’osservatore… Con Regio Decreto 17 aprile 1922 n. 609 il re Vittorio Emanuele III autorizza il cambiamento della denominazione della frazione di Montelevecchie in quella di Belvedere Fogliense. Evocativo quanto misterioso, il toponimo Mons Vetularum (Monte delle vecchie anzi, delle vegliarde, come suggeriva Luigi Michelini Tocci), compare nel documenti sin dal 1228: secondo la leggenda le vecchie sarebbero le anziane cortigiane dei Malatesta, confinate con funzione strategica di spionaggio nella rocca, i cui ruderi furono abbattuti nel 1886.
Montelevecchie e dintorni. Vegliarde, filatrici, tessitrici
Tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX i registri della popolazione segnalano nella zona di Montelevecchie e dintorni un gran numero di Tessitrici e Filatrici (e come poteva essere altrimenti, in un paese che ha nel nome tre maghe, tre vecchiarde?). Dai documenti della Camera di Commercio di Pesaro (1885) si contano in tutto il comune di Tomba ben 170 telai, distribuiti nelle campagne più che nel capoluogo: un numero molto elevato, secondo nella nostra provincia solo a quello dei telai presenti a Pergola e Fossombrone, località dove l’industria tessile aveva già allora una solida tradizione.
Il Questionario per l’inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie dei comuni del regno dello stesso anno conferma: è molto esteso l’uso dei telai a domicilio, di modo che quasi in ogni famiglia si tessono le tele pel proprio uso.
In generale [il vestiario] è di rascia, lana e filo di canapa, per l’inverno, e di rigatino, tutto filo, per l’estate, tessuti per lo più dalle donne di casa. Le biancherie sono o di filo di canapa, o di cotone secondo che vennero o tessute in casa o acquistate al mercato (dall’Inchiesta Jacini, 1877-1882, relativamente al vestiario dei popolani e contadini della zona di Pesaro).
Quasi tutte le famiglie arrotondano le entrate mettendo i bozzoli (i bachi da seta), una pratica molto diffusa nelle campagne fino agli anni ‘30 – ‘40 del Novecento. Anche a Montelevecchie si mettono i bozzoli: si portano a vendere a Pesaro oppure a Mondaino, e per nutrire i bachi si utilizzano le foglie dei gelsi che si trovano negli orti a fianco della Casa comunale: come molte signore ci hanno detto il rumore dei bachi che mangiavano era continuo e molto forte; addirittura per qualcuno si faceva insopportabile.
La famiglia Olmeda
Il 29 luglio del 1900 Re Umberto I è assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci e in tutta Italia si susseguono le manifestazioni in onore del sovrano. Tomba (Tavullia) ricorda il re con una commovente commemorazione dell’egregio giovane Nazzareno Olmeda, studente di legge di Montelevecchie (“La Provincia”, 19 agosto 1900). E’ una delle prime apparizioni pubbliche di Nazzareno Olmeda (1879-1932), futuro preside della provincia di Pesaro. Nazzareno è figlio del veterinario e ufficiale di stato civile Celeste, detto Celeston per via dell’alta statura; anche il nonno Francesco era veterinario, mentre il fratello di Celeste, Eugenio, compare nei documenti come fabbro ferrajo.
A Montelevecchie gli Olmeda abitano già nella casa all’angolo tra la via Parrocchiale e l’attuale piazza Malatesta: leggende di famiglia dicono che nelle grotte sotto la casa fosse nascosto un tesoro, salpato misteriosamente verso lidi d’oltreoceano. Più fondata appare la voce che vuole situato proprio qui il convento di suore citato dai documenti del XVII-XVIII secolo, mentre le grotte appartengono al sistema di cunicoli che attraversa il paese, ancora visibile in alcuni punti.
Celeste, che in gioventù s’era distinto nelle campagne contro il brigantaggio nell’Italia meridionale, morirà il 6 gennaio 1911: i giornali scriveranno che in lui Montelevecchie ha perduto un consigliere, un benefattore, un padre (“L’Idea”, 14 gennaio 1911).

Economo spirituale a Belvedere Fogliense nel 1922, don Giovanni Gabucci (Sant’Angelo in Lizzola,1888-1948) ritrasse nei suoi Taccuini gli angoli più suggestivi del castello e dei suoi dintorni. Lo schizzo della rocca sotto riprodotto è ricavato da un disegno della fine dell’Ottocento: la maestosa costruzione, pericolante, fu abbattuta nel 1886.
E’ datato 28 Maggio 1922 il disegno di San Martino in Foglia, chiesa situata nel borgo di Rio Salso, alle pendici del colle sul quale sorge Belvedere. Diverse sono le chiese della zona intitolate al santo del mantello, da quella del Farneto, castello appollaiato su un’impervia altura nei pressi di Montelabbate, quasi dirimpetto a Belvedere, alla chiesa oggi scomparsa ricordata dall’erudito pesarese Annibale degli Abbati Olivieri: Nella prossima Corte di Montecchio in quel tratto che chiamasi il Marone appariscono ancora i vestigi di una Chiesa diruta e quel fondo à il nome di San Martino (Memorie della Badia di San Tommaso in Foglia, 1778). San Martino è una delle pievi che costellavano la valle del fiume Foglia: attualmente di proprietà privata e in grave stato di decadimento, non si hanno notizie certe sulle sue origini, che gli studiosi fanno risalire al XII-XIII secolo; la tradizione associa all’antica chiesa un monastero, mentre il frequente ritrovamento di materiali archeologici nei campi e nelle aree circostanti l’edificio lascia pensare che la zona ospitasse già in epoca romana un importante centro di vita.

Da Un paese e cento storie – cronache e ricordi tra Montelevecchie e Belvedere Fogliense, a cura di Cristina Ortolani; Comune di Tavullia, 2007