
Anche da noi “Mi ricordo” si dice “Amarcord”. Buon compleanno, Maestro!
Oggi Rimini è in festa per il compleanno di Federico Fellini, nato in una casa lungo il porto canale il 20 gennaio 1920. La giornata si annuncia memorabile anche perché dopo molti anni di chiusura riapre in grande stile il cinema Fulgor, diventato grazie ad Amarcord uno dei più famosi del mondo. Il design déco in stile “hollywoodiano-romagnolo” (parole sue!) della sala è opera dello scenografo tre volte Oscar Dante Ferretti; i lavori di restauro si sono protratti per cinque anni e il Fulgor diventerà una “Casa del Cinema” aperta a collaborazioni con la comunità locale.
Come è noto Fellini non girò mai una scena nella sua città natale (per Amarcord fu ricostruita a Cinecittà, Fulgor compreso), ma Rimini è una presenza insostituibile nei suoi film.

Non è la memoria che domina i miei film. (…) Io la mia vita me la sono inventata. L’ho inventata apposta per lo schermo. (…) Ho vissuto per scoprire e creare un regista: niente altro. E di niente altro ho memoria, pur passando per uno che vive la sua vita espressiva sui grandi magazzini della memoria. Non è vero niente. Nel senso dell’aneddoto, di autobiografico, nei miei film non c’è nulla. C’è invece la testimonianza di una certa stagione che ho vissuto.
Federico Fellini, 1974
La stagione di Fellini è la stessa dei Testimoni che ho incontrato in tanti anni di ricerche e che ha lasciato più d’una traccia sul mondo (e forse anche sulla fisionomia!) della Dirce, nata in una terra al confine tra Marche e Romagna. Per esempio, il pranzo in famiglia di Amarcord è davvero emblematico: il nonno autoritario a capotavola, la nonna con il suo andirivieni dalla cucina, zie e zii recalcitranti, nipoti che non vedevano l’ora di alzarsi da tavola.
E poi lo zio che “voglio una donna”, la Gradisca (ah quel cappottino rosso e quel basco, che eleganza!), i ragazzi obbligati al sabato fascista, persino la Saraghina (che per inciso il regista vide davvero sulla spiaggia di Fano “dove passavo le vacanze estive nel collegio dei Salesiani”). Gran parte dei racconti che ho ascoltato dagli anziani erano popolati da figure simili, rese archetipiche dall’arte di Fellini. E “mi ricordo” anche da noi si dice “Amarcord”.
Ecco perché sorrido mentre scrivo qui, sul mio minuscolo blog, gli auguri a Federico Fellini. Ancora una volta grazie Maestro, e mille di questi giorni 🙂

“Era da tempo che avevo in animo di fare un film sul mio paese; il paese dove sono nato, intendo. Mi si potrà obiettare che in fin dei conti non ho fatto altro; forse è vero; eppure io continuavo a sentirmi come ingombrato, perfino infastidito da tutta una serie di personaggi, di situazioni, di atmosfere, di ricordi veri o inventati, che avevano a che fare con il mio paese e così, per liberarmene, definitivamente, sono stato costretto a sistemarli in un film. D’altra parte erano pronti per questo.
(…) Davvero non so dire cosa mi prende quando vengo assalito da questa smania di liquidazione, di pulizia pasquale, di svendita. “Amarcord” quindi voleva essere il commiato definitivo da Rimini, da tutto il fatiscente e sempre contagioso teatrino riminese… Soprattutto “Amarcord” voleva essere l’addio a una certa stagione della vita, quell’inguaribile adolescenza che rischia di possederci per sempre, e con la quale io non ho ancora capito bene che si deve fare, se portarsela appresso fino alla fine o archiviarla in qualche modo.
Federico Fellini, 1980
Fonti e tracce
Il film “Amarcord” di Federico Fellini, a cura di G. Angelucci e L. Betti, Bologna 1974, p. 95
Federico Fellini, Fare un film, Torino 1980, pp. 151-152
La foto di Federico Fellini e Bruno Zanin proviene da Wikipedia
Il disegno del Grand Hotel è tratto da P. De Santi, I disegni di Fellini, Bari 1993

